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Giornata Mondiale del Suolo: come viene tutelato nei conflitti armati?

Oggi, 5 dicembre, è la giornata internazionale del suolo. La perdita di fertilità del suolo è riconosciuto come uno dei problemi più importanti a livello globale per la sicurezza alimentare e la sostenibilità. Questa giornata serve per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza di mantenere sani gli ecosistemi e il benessere umano, affrontando le crescenti sfide della gestione del suolo.


La tutela del suolo e dell'ambiente è un elemento di cui bisogna tener conto anche nel caso dei conflitti armati. Come viene quindi tutelato il suolo nei conflitti armati?


È un argomento recente perché fino agli anni 70 non c’era sensibilità ambientale: la correlazione fra pace e tutela ambientale è stata riconosciuta per la prima volta nella Dichiarazione di Rio. In particolare il principio 24 stabilisce:

La guerra esercita un'azione intrinsecamente distruttiva sullo sviluppo sostenibile. Gli Stati rispetteranno il diritto internazionale relativo alla protezione dell'ambiente in tempi di conflitto armato e coopereranno al suo progressivo sviluppo secondo necessità.

L'ambiente viene quindi tutelato dal diritto internazionale umanitario, questo può avvenire in due modi: tutela durante il conflitto in caso di danneggiamento dell'ambiente, oppure, regolamentazione della possibilità o meno di utilizzo di tecniche di modificazione dell’ambiente come strumenti bellici offensivi. Vediamo separatamente i due casi per capire di cosa si tratta.


Tutela dell'ambiente durante il conflitto

Uno strumento di tutela molto importante è la Convenzione di Ginevra sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali adottata nel 1977. L'articolo 35 stabilisce che:

1. In ogni conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi e mezzi di guerra non è illimitato. 2. È vietato l’impiego di armi, proiettili e sostanze nonché metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili. 3. È vietato l’impiego di metodi o mezzi di guerra concepiti con lo scopo di provocare, o dai quali ci si può attendere che provochino, danni estesi, durevoli e gravi all’ambiente naturale

Ma cosa si intende con danni estesi, durevoli e gravi?

  • Danni estesi = danni che si propagano per alcune centinaia di km

  • Danni durevoli = effetto protratto per almeno dieci anni

  • Danni gravi = se i danni sono estesi e durevoli allora sono anche gravi

Un altro importante articolo è il 55:

1. La guerra sarà condotta curando di proteggere l’ambiente naturale contro danni estesi, durevoli e gravi. Tale protezione comprende il divieto di impiegare metodi o mezzi di guerra concepiti per causare o dai quali ci si può attendere che causino danni del genere all’ambiente naturale, compromettendo, in tal modo, la salute o la sopravvivenza della popolazione. 2. Sono vietati gli attacchi contro l’ambiente naturale a titolo di rappresaglia

Altrettanto importante l'articolo 54 che stabilisce la protezione dei beni indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile. Questo articolo sancisce che è vietato "attaccare, distruggere, asportare o mettere fuori uso beni indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile, quali le derrate alimentari e le zone agricole che le producono, i raccolti, il bestiame, le installazioni e riserve di acqua potabile e le opere di irrigazione". Uguale divieto viene stabilito all'articolo 56 per le installazioni sensibili: è vietato attaccare dighe, centrali nucleari o altre infrastrutture sensibili. Queste infrastrutture devono essere contrassegnate così da essere considerate civili e non militari. In questo momento la comunità internazionale è preoccupata per la vicinanza dei combattimenti bellici in Ucraina alle centrali nucleari. In questi mesi è stato più volte ribadito quale enorme danno ambientale possa scaturire dall'esplosione di una di queste centrali. Il caso di Cernobyl, d'altronde, ci ha mostrato quali sono le conseguenze. Per questi motivi la tutela delle infrastrutture civili è tanto importante nei contesti di guerra, anche perché, come ricordato alla recente COP27, "climate has no border".


Quali sono le conseguenze se si violano queste norme?

L'articolo 91 prevede la responsabilità per lo Stato che viola il protocollo di pagare una sanzione, mentre altri articoli prevedono sanzioni penali. In aggiunta, l'articolo 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale elenca tra i crimi di guerra anche le "lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti”. In base all'articolo 77 questi crimini sono punibili con la reclusione fino a 30 anni o l’ergastolo.


Tutela dell'ambiente da possibili modifiche belliche

Per spiegare al meglio questo concetto partiamo da un esempio. Durante il conflitto in Vietnam gli Stati Uniti hanno portato avanti l'operazione “braccio di ferro” cercando di prolungare la stagione dei monsoni così da impedire ai vietcong di spostarsi da nord a sud. L'operazione si è svolta dal 20 marzo 1967 fino al 5 luglio 1972 in particolare sulle aree del sentiero di Ho Chi Minh. Il progetto prevedeva di introdurre ioduro d'argento e ioduro di piombo nelle nuvole. La stagione delle piogge monsoniche di quell'anno è stata notevolmente più lunga della media, il che ha fatto ritenere l'operazione un successo.


In questo caso lo strumento principali è la convenzione ENMOD (Environmental Modification) del 1977. L'articolo 1 stabilisce che

Ogni Stato parte della presente Convenzione si impegna a non utilizzare a fini militari o ad ogni altro scopo ostile, tecniche di modifica dell'ambiente che abbiano effetti diffusi, durevoli o gravi, in quanto mezzi che causano distruzioni, danni, pregiudizi ad ogni altro Stato parte.

In questo caso con il termine diffusi si intende effetti che interessano un’area di alcune centinaia di km2, con durevoli, effetti che si protraggono per un periodo di alcuni mesi, approssimatamene una stagione, e gravi danno serio o significativo alla vita umana o all’ambiente e agli animali.


Il caso della Guerra del Golfo

La guerra del Golfo del 1991 rappresenta un caso di difficile applicazione delle norme per la tutela dell’ambiente. Sono molto famose le foto dei pozzi di petrolio incendiati (sotto potete vedere quella scattata da Steve McCurry) che hanno provocato il rilascio di sostanze tossiche in aria e in acqua. Durante il conflitto, emerge la difficoltà nell’applicare le norme sopra elencate: non si poteva applicare la convenzione ENMOD perché l’incendio dei pozzi era considerato dall’Iraq come un attività di guerra. Sarebbe stato applicabile il primo protocollo della Convenzione di Ginevra – valido l’articolo 55 – ma l’Iraq non lo aveva ratificato e sottoscritto e quindi non era applicabile. Vi sono quindi state una serie di risoluzione dell’ONU come la 660/1990 e la 661/1990. La più importante fu la risoluzione 687/1991 nella quale si accertava la responsabilità internazionale dell’Iraq per danni all’ambiente indipendentemente dal fatto che avesse firmato i protocolli. La risoluzione prevedeva l'istituzione di un fondo per risarcire il danno pagato dall’Iraq, ma malgrado il fondo i danni all’ambiente non sono stati riparati integralmente.






 
 
 

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